giovedì 19 giugno 2014

Astrattismo dell’anima. 10 domande a Marianna Di Felice

Guardare, osservare, sognare e realizzare. E’ questa l’essenza più profonda della creatività che abbiamo così a cuore in questo nostro progetto culturale che abbiamo chiamato Il Tempo La Storia. Oggi ne parliamo insieme a Marianna Di Felice che ha fatto proprio di ciò la sua filosofia di vita, raccogliendo la sfida più ambiziosa che si possa oggi accettare: guardarsi dentro senza paura di scoprire cosa trovare in se stessi. 10 domande che partono dalla sua pagina personale e ci portano nelle profondità della sua anima che muove la sua mano nella creazione di opere mai scontate e tutte da scoprire.
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Astrattismo dell’anima. Come mai hai scelto questo nome per la tua pagina?
Ho scelto questo nome perché la mia anima è astratta, nel senso che non è ordinaria. Sento davvero l’astrattismo dentro di me. Rifiuto la realtà ordinaria. In certi casi gli astratti realizzati sono il risultato dell’esperienza empatica che sento dentro che assorbo come una spugna e poi rifletto sulla tela aggiungendo ad essa il mio stato d’animo del momento.
Quando dipingi di solito? In che momento della giornata? Ci sono delle “stagioni” o dei “periodi” dell’anno in cui ti rivolgi alla pittura in modo più sistematico?
Di solito mi piace dipingere il pomeriggio, perché posso dedicarmi alla mia tela con calma, senza fretta, visto che la mattina è troppo corta. Ho bisogno di stare anche un’ora ad osservare la tela, a girarle intorno. Magari dopo tutto questo tempo la lascio perdere e riprendo il lavoro il giorno dopo… E’ capitato. Preferisco indubbiamente l’inverno e l’autunno, mi ispirano di più. Sono dei periodi più tristi e, quindi, più fecondi. Anche se uso dei colori vivi, non significa che sono sorridente. Ho dipinto anche in primavera ed in estate, ma queste due stagioni proprio non mi entrano dentro, le vedo più frivole.
582816_10200657480704832_230379523_nLa tua quindi possiamo definirla come una pittura “introspettiva” oltre che astratta?
Sì. Perché sono io in quei quadri. Magari non integralmente ma sono pezzi di me, della mia anima. In quelle tele c’è tutto quello che ho dentro: giochi psicologici, emozioni che si agitano. A volte posso scoprire quali sono i miei turbamenti grazie al risultato finale.
Quali sono le tecniche che usi di più ed i materiali che utilizzi per le tue opere?
Uso sempre le tele, anche se ho provato la pittura sul cartoncino, anzi su più cartoncini tagliati ed incollati tanto da raggiungere una forma strana, non usuale. Ho provato anche a dipingere sul compensato. Uso colori acrilici, smalti, colori per vetro e, soprattutto, vernice. Ho usato una volta i colori ad olio: sono davvero brillanti – almeno quelli che ho usato io – ma il tempo di asciugatura mi innervosisce. I colori acrilici si asciugano subito, mentre quelli ad olio hanno tempi lunghi. Inoltre ho comprato il cavalletto per dipingere in modo più comodo, ma non c’è nulla da fare….. Come Pollock, metto il quadro a terra e lo affogo col colore (naturalmente il pavimento è coperto da molti teli, anche se alla fine il colore è passato). Non uso altri strumenti, o meglio, invento gli strumenti. Non li compro, per avere un effetto che desidero, magari uso lo scottex, non gli strumenti adatti, per così dire.
Ricorri solo alla pittura per tirare fuori le tue emozioni o ti rivolgi anche ad altre forme artistiche come la scrittura o la fotografia?
Fin da piccola scrivevo poesie e quando non lo facevo era perché le parole volevano che io, proprio io, le disegnassi. Anche oggi mi comporto allo stesso modo. Catturo con lo sguardo forme e colori e le fotografo, oppure un mio pensiero diventa un astratto sulla tela, sempre se non lo sfogo scrivendo una poesia. Può capitare che la sola poesia non basti ed allora devo liberare l’emozione del momento sulla tela.
Spesso la “maschera” ricorre nelle tue opere. Come mai? Questo tipo di “epifania” ha un significato preciso?
La maschera delle mie tele ha un senso di oscuro, magari di paura… Delle mie paure che rimangono sulla tela. In questo modo mi sembra quasi di esorcizzarle. In alcune tele si intravedono dei visi non definiti,come fossero maschere. Tutto ciò rappresenta una sorta di prigionia, di voglia di libertà dalle paure, dalle coercizioni, dai dogmi.
551449_10200657490305072_9840379_nNonostante l’uso intenso di colore nelle tue opere si può rinvenire talvolta un influsso gotico?
Sì. Il “gotico” c’è, non solo nel quadro nero, macabro, perché oscuro all’ennesima potenza. Ma anche nel quadro a colori, come dici tu. Il “gotico” fa come parte di me, dal romanzo all’architettura. Per me il “gotico” è l’espressione dell’anima oscura, di quella parte che non ha paura di far vedere cosa davvero c’è dentro, quella parte sfrontata, la parte vera, secondo me.
Pensi che potremmo sostenere la tesi secondo la quale oggi molti artisti non riescono a dire nulla di profondo perché non sanno riconoscere proprio il gotico che c’è in loro e in noi? E che volenti o meno tutti noi portiamo dentro… Nella parte magari più profonda del nostro io?
Molti artisti sono solo superficie, non scavano dentro di loro. Oppure nascondono quello che in realtà sono, solo ed esclusivamente per apparire e basta. Ma questa non è arte. L’arte la devi sentire, deve entrare in te, deve percorrere tutto il tuo corpo, fino a farlo vibrare e poi uscire nell’espressione scelta. E’ inutile nascondere un lato oscuro che tutti abbiamo. Quel lato è pregno di sensazioni negative, ma che riescono a far vivere l’anima. Non dico che fanno bene, la maggior parte delle volte sono dolorose, ma da ciò riesci a sentire davvero quello che sei ed a rappresentarlo com’è davvero. Il lato oscuro è gotico, è amore, è paura, è odio, è il risultato di emozioni forti e molte volte nascoste.
Cosa provi nell’osservare le tue opere dopo la loro realizzazione?
Dipende. A volte mi sento talmente soddisfatta che riuscirei a volare e sorrido per il lavoro realizzato. Altre volte invece, cerco di correggere quando ancora il colore è fresco combinando i colori che già ci sono con gli altri che inserisco. Quindi esce fuori il contrario di quello che pensavo, ma che può soddisfarmi, oppure può farmi innervosire. E allora ricoloro la tela di nero ed inizio qualcosa di nuovo, stando attenta a ciò che sento davvero.
Hai – oltre a questo della pagina – altri progetti in corso? Mostre, foto o libri?
Vorrei aprire una pagina con le mie foto, ne ho tantissime, perché adoro farle. Catturare immagini di tramonti particolari e colori non ordinari, catturare ogni forma della natura o un panorama con la fotocamera, per me significa rispecchiarmi nell’immagine stessa. La foto scattata è l’essenza del mio essere. Osservo a lungo e quando qualcosa accende la mia attenzione è subito nel mio obiettivo. Mentre guardo i risultati, si agitano in me varie sensazioni… In quel caso capisco quali sono le foto più significative. A volte allego dei pensieri o delle poesie a queste foto, cosa che farò anche nella pagina che sto per aprire. Spero vivamente di poter organizzare una Mostra, nel frattempo metto in vista i miei quadri, e prossimamente anche le mie foto, in una pagina del social network più seguito. E spero di finire il prima possibile un mio progetto di scrittura. Un libro che mi sta impegnando da tempo, un romanzo. Così riesco a dar sfogo a tutte le mie passioni.
Intervista a cura di Roberto Bonuglia

iltempolastoria.it

http://www.iltempolastoria.it/recensioni/astrattismo-dellanima-10-domande-a-marianna-di-felice/

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