mercoledì 4 giugno 2014

Intervista a Erri De Luca: Lo scrittore poeta

In vista del processo che inizierà domani 5 giugno a Torino, ripropongo l'intervista che Erri De Luca mi concesse!


“Lo scrittore del decennio” secondo Giorgio De Rienzo, critico letterario del Corriere della Sera.

Un grande scrittore che si occupa anche di problemi sociali cercando e riuscendo a evidenziarli, parlarne e combatterli.
I suoi libri danno sempre emozioni diverse e fanno riflettere, parlano della difficile infanzia in un Paese devastato dalla guerra (Cfr. I pesci non chiudono gli occhi, nel quale descrive la neve del ’56, le letture di libri importanti, la violenza dei suoi coetanei intesa quasi come una necessità per uscire fuori dalla prigionia del corpo infantile) e trattano del passaggio critico dall’adolescenza alla maturità, dei momenti di illusione adolescenziale e di lucida maturità che caratterizzano quella stagione della vita così difficile per tutti.
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“Era responsabilità del verbo amare il matrimonio dei miei genitori… Nei libri c’era traffico fitto intorno al verbo amare. Da lettore lo consideravo un ingrediente delle storie, come ci stava bene un viaggio, un delitto, un’isola, una belva… Intorno a me non lo vedevo e non lo conoscevo il verbo amare. Avevo appena letto il Don Chisciotte intero e mi ero confermato. Dulcinea era latte cagliato nel cervello del cavaliere eroico.”
Disse l’infante che aveva voglia di uscire dal bozzolo in fretta, prima di affezionarsi a una bambina.
“Allora ti piace l’amore?
E’ pericoloso. Ci scappano ferite e poi per la giustizia altre ferite. Non è una serenata al balcone, somiglia a una mareggiata di libeccio, strapazza il mare sopra, e sotto lo rimescola. Non so se mi piace.

Chiudi quei benedetti occhi di pesce.
Ma non posso. Se tu vedessi quello che vedo io, non li potresti chiudere.

…Te lo chiedo ancora, ti piace l’amore?
Be’ si, se è questo, si. Pensai che avrei capito tutti i libri da quel momento in poi.”
(I pesci non chiudono gli occhi)
Ho intervistato Erri De Luca, uno scrittore che sembra crear parole su un foglio bianco con una fluidità incredibile, anche se hanno il peso della vita.
E’ dal dopoguerra che il passato difficile dell’Italia e in special modo della sua città, Napoli (da come si evince in certi suoi racconti, come “Tu mio”) contribuisce a distruggere anche il presente e rende difficile l’adolescenza. La storia si ripete anche senza gravi eventi mondiali. Cosa c’è di sbagliato secondo lei?
«Non credo che la storia si ripeta, è piuttosto un nostro desiderio rassicurante intenderla così. La storia è un organismo che si rigenera sulle sue macerie. Non è maestra di vita, non insegna e comunque noi non impariamo. Conoscere la storia non ha impedito nessuna catastrofe. E’ solo una materia narrativa. Napoli è immensamente cambiata dal dopoguerra: era una città del Sud Italia e del mondo, oggi è una sfumatura del Nord con gli stessi immigrati, gli stessi consumi, gli stessi rifiuti. La gioventù napoletana è nella stessa condizione di infelicità delle altre in Europa»
de luca
“I miei non mi chiedevano più cosa leggevo per non doversi urtare con quella mia intenzione di sapere. Le domande erano cresciute e portavano l’insidia di chiedere conto. Avevano partecipato a una resistenza, avevano aiutato un perseguitato?
Non l’avevano fatto. (…) Ero la sola persona cui interessavano quelle storie.
Dopo la guerra i vivi avevano indurito il silenzio. Volevano abitare un mondo nuovo. Da noi non c’era più il re. I tedeschi erano solo quel popolo che veniva a passare le ferie sull’isola.”
(Tu, mio)
L’Italia è rovinata, alcune città sono rovinate, soprattutto nel Mezzogiorno. Non le sembra, questa, un’immagine stereotipata, un adagiarsi su questa descrizione? Perché le persone non reagiscono? Sembra regnare l’anarchia in certe zone del Sud!
«Esiste una formidabile capacità di adattamento delle persone e dell’economia, esiste volontariato, esistono imprese che innovano e prosperano: non sono di quelli che lamentano i guasti a litania, perché vedo accanto all’andazzo le innumerevoli contro spinte che tengono insieme il nostro Paese. Più dilaga la corruzione più vedo crescere le resistenze»
E’ stato accusato (senza senso a parer mio, ma ormai cosa ha senso in Italia?) di essere praticamente un complottista contro la TAV. Cosa pensa di queste insulse accuse? A volte viene preso dallo sgomento nel vedere un Paese come l’Italia allo sfascio?
«La TAV in Val di Susa è un’opera criminale in tempo di pace: quelle montagne sono gonfie di amianto e di pechblenda che avveleneranno a morte la vita di quella vallata. Difendo le ragioni di una comunità che lotta per la sua legittima difesa e che la spunterà»
Nel libro Sulla traccia di Nives tratta dell’alpinismo al quale si dedica da molto tempo. Mi ha stupito sapere che un uomo di mare, nato in una città di mare come Napoli, adori in questo modo la montagna, l’escursionismo, l’alpinismo e l’arrampicata! E se la cava egregiamente! Com’è nato questo amore?
«E’ un contagio paterno, di un uomo che è stato nella fanteria alpina durante la seconda guerra mondiale e ha trasmesso un sentimento di affetto e di gratitudine per le montagne.»
Grazie al contagio paterno e all’amore per questo sport, Erri De Luca, nel 2002,  ha superato un 8b+ nella Grotta dell’Arenauta a Gaeta.
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Visto che lei è un grande amico di Mauro Corona, può notare come anche il Nord viene dimenticato. Al cinquantesimo anniversario della strage del Vajont, in pochi hanno ricordato questa tragedia. Lei crede che si possa cambiare la sorte dell’Italia oppure siamo destinati a una lenta fine?
«Il Vajont è una strage impunita, come tutte le stragi in cui entra la responsabilità di pubblici uffici. Questa omertà di Stato è una zavorra che ci portiamo appresso e con la quale conviviamo dall’inizio della Repubblica. E’ una delle costanti opprimenti della nostra storia, che un giorno dovrà finire. Allora dagli armadi usciranno le complicità e potremo scrivere una pagina pulita di storia»
Da poco è uscito il suo nuovo libro Storia di Irene: tre storie di mare. Ritorna prepotentemente il mare nei suoi racconti. Quando ci delizierà con una storia di arrampicata?
«Non alla prossima uscita, che sarà un libro di poesie per Einaudi, a marzo: “Bizzarrie della provvidenza”»
Anche a Lei come abbiamo fatto prima ad Augias, Moscati, Adinolfi e Cecchini chiediamo la definizione di tre parole che ci identificano e orientano la nostra azione quotidiana: Tempo, Storia e Creatività. Come le definisce, cosa sono per Lei?
«Il tempo scade.
La storia è una materia narrativa e niente affatto maestra.
La creatività è una presunzione moderna di chi pretende di essere creatore.
Evidenza per me è che si può essere solo redattori di note in margine alla creazione.
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“Mamma: Crede che noi abbiamo il potere di fare uscire i numeri.
I numeri siamo noi e veniamo estratti ogni volta che uno si ricorda di noi e ci nomina
(La doppia vita dei numeri. Un teatro stile Eduardo De Filippo, con nostalgia e un pizzico di comicità, l’ultimo dell’anno con la tombola, non una tombola qualsiasi, ma quella napoletana, viva di ricordi e di “presenze”.)
Aspettando le prossime uscite, vi consiglio di leggere i libri di Erri De Luca che già potete trovare nelle librerie: non ve ne pentirete affatto.

Intervista a cura di Marianna Di Felice.


Per iltempolastoria.it

http://www.iltempolastoria.it/interviste/intervista-a-erri-de-luca-lo-scrittore-poeta/

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