giovedì 29 dicembre 2016

Intervista a Cristina Katia Panepinto

Intervista fatta per il sito www.thrillernord.it





1) La fame di scrittura è stata alimentata dai posti dove ha vissuto e in che modo? 
"Il Fioraio di Monteriggioni" è nato proprio come un piccolo tributo a Firenze. Ho abitato in questa splendida città per dieci anni e quando è arrivato il momento di trasferirmi, ho pensato che dedicarle un racconto fosse il modo migliore per tenerla nel cuore. Per il mio primo libro ho scelto il mio genere preferito, il giallo, e mi sono divertita a muovere i personaggi all'interno dei luoghi in cui ho vissuto, offrendo al lettore un viaggio suggestivo nel capoluogo toscano, con un paio di escursioni tra le dolci colline della Valdelsa.



2) Sognava mai da piccola di diventare una scrittrice oppure il “dono” è arrivato per caso? 
Da ragazza ho spesso fantasticato sulla possibilità di lavorare ad un romanzo, ma mi sono sempre limitata a mettere su carta i miei pensieri, senza tirarne fuori qualcosa di concreto. Dopo la laurea mi sono dedicata a tempo pieno all'insegnamento dell'italiano per stranieri, prima a Berlino, poi a Firenze, così per molti anni non ho più preso in considerazione l'idea di scrivere. Per fortuna il mio trasferimento ha fatto scattare la motivazione giusta per iniziare. Adesso cercherò di dare alla scrittura tutto lo spazio che merita.



3) Per poter scrivere si deve leggere tanto (è un assioma), per poter scrivere storie piene di suspense e tensione si devono leggere libri del settore quindi libri thriller. Quale thriller sceglie tra un italiano e nordico e perché. 
Fin da piccola ho sempre letto tanto, soprattutto gialli e thriller. Tra la scuola italiana e quella nordica non saprei però a chi dare la preferenza, perché risvegliano in me emozioni differenti. Avendo abitato per quasi quindici anni a Berlino, provo una certa empatia per le atmosfere dei giallisti scandinavi e inglesi. Nei loro romanzi c'è una forte attenzione alla quotidianità e il freddo delle ambientazioni contrasta con i tormentati drammi interiori dei personaggi. Dei polizieschi italiani amo invece la grande umanità dei tanti commissari e l'aderenza al tessuto sociale che caratterizza le storie deii nostri migliori scrittori.



4) Quanto è stato faticoso creare il suo libro e vederlo pubblicato? E, di contro, quanta soddisfazione ha provato quando la sua creatura ha visto la luce? 
Creare un giallo richiede parecchia concentrazione. Non ti puoi permettere distrazioni. Il ritmo, la storia e i personaggi devono tornare, altrimenti perdi la fiducia del lettore. Per questo mio primo romanzo, ho impiegato molto tempo. Circa nove mesi per la stesura, più altrettanti per perfezionarlo dal punto di vista logico e soprattutto stilistico. Soprattutto il lavoro di lima è stato estenuante, perché quando ho pubblicato, la mia casa editrice non offriva l'editing e ho dovuto cavarmela da sola. Sono comunque contenta del risultato. Tanta gente ha letto il mio libro e la maggioranza lo ha capito e apprezzato. E poi, naturalmente, è stata una grande soddisfazione classificarmi al primo posto nella sezione e-book al Festival Giallo Garda 2016.



5) Consiglia a chi ha valide idee da mettere su carta di osare e insistere per raggiungere il suo stesso risultato? 
Sì, senza dubbio. Se si ha voglia di scrivere, è giusto farlo. Non bisogna avere paura. Una buona idea riescirà sempre a trovare il suo pubblico. Non è vero che la gente non legge. Anzi, grazie al self-publishing e all'editoria digitale gli scrittori emergenti possono offrire i loro e-book a prezzi modesti e i lettori sono sempre più disponibili a comprarli. Certo, avere alle spalle una casa editrice di spessore amplifica i risultati, ma se si vuole davvero cominciare a dar vita al proprio sogno, oggi è possibile farlo in modo relativamente semplice.



6) Qual è il suo personaggio preferito ne “Il Fioraio di Monteriggioni” e perché? 
Nonostante i toni equilibrati del libro, i miei personaggi non brillano per le loro buone qualità. Al contrario, ognuno presenta profondi egoismi, condraddizioni e una discreta dose di cinismo. Per quanto siano tutti motivati dalla passione, la loro idea di amore è spesso discutibile, se non addirittura deviata. Per questo, il mio personaggio preferito è Giulio, il solo che si accetta per ciò che è, senza temere di mostrare la parte meno nobile del suo carattere. Lui conosce la propria natura e non la rinnega, anche se gli spiace di aver ferito molte persone con i suoi comportamenti. Di certo non è un modello di integrità, ma è consapevole di sé, al contrario degli altri, che sembrano non rendersi conto di quanto siano discutibili, o addirittura deprecabili, le loro azioni.



7) Parliamo dello stile del libro, uno stile diverso dai soliti noir, molto cinematografico, come mai questa scelta? 
La prima cosa che ci si chiede quando si comincia a scrivere, è con quale sguardo il lettore vivrà la storia. Io ho deciso che tutto doveva essere visto con gli occhi di Violetta, un personaggio emotivamente molto coinvolto, che però conosce poco di tutta la faccenda. Fin dall'inizio le uniche cose che il lettore sa, vede, sente sono quindi le stesse della protagonista. Inoltre, l'uso della terza persona limita al minimo l'esposizione diretta dei suoi pensieri e li rende deducibili quasi unicamente da come lei reagisce agli eventi. Ho scelto un modo di procedere abbastanza rischioso, però sono riuscita a mantenere uno stile fluido e l'effetto finale è più o meno lo stesso di quando si guarda un film. Da subito il lettore viene buttato nel bel mezzo della storia e segue il suo svolgersi basandosi solo sulle conversazioni e sui movimenti dei protagonisti. E una tecnica abbastanza usata nei primi capitoli dei romanzi, ma io l'ho applicata in modo radicale per tutta la storia, costringendo il lettore a muoversi con Violetta fino alla soluzione del delitto. So che alcuni si sono sentiti un po' disturbati o confusi dall'inusualità di questo metodo. La maggior parte delle persone è però riuscita a superare il disagio iniziale e si è abbandonata al racconto, trovando l'esperienza molto appagante.



8) A chi consiglierebbe il suo libro. 
Sicuramente agli amanti del giallo e delle storie poliziesche. Il racconto è ricco di colpi di scena e di interrogatori appassionanti, che trascinano pagina dopo pagina. Alla base del romanzo c'è però un profondo dramma umano, di cui purtroppo si trovano molte tracce nei casi di cronaca. Per la sensibilità psicologica e le implicazioni emotive, credo quindi che il libro sia adatto ad un ampio target di lettori.

Cristina Katia Panepinto


Intervista a cura di Marianna Di Felice


Il libro dell'autrice:



Intervista fatta per il sito www.thrillernord.it


http://www.thrillernord.it/intervistapanepinto.html



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