domenica 21 giugno 2020

Intervista a Orione Lambri autore di Agharta






Il nome di Jane Stuart Mill è un omaggio a John Stuart Mill filosofo ed economista britannico che coniò il termine distopia? Sembra rivivere in Jane visto che propugna la libertà in contrapposizione al fallimento della società imperniata sullo sviluppo industriale con una classe politica dominante che schiaccia il singolo individuo.


Si e grazie per la tua arguzia: il mio omaggio si fermava al “Saggio sulla Libertà”. Quella propugnata da Jane è quanto di più individualista, anti totalitario e addirittura anti sociale si possa immaginare: la libertà di abbandonarsi alla misantropia è la chiave della sua ricerca.



Perché scrivere un distopico dopo la pandemia che ha messo sotto stress e impaurito milioni di persone? Per svegliarle, far prendere coscienza alle loro menti e farle uscire dal torpore in cui versano? Nelle tue letture preferite rientrano i distopici?


AGHARTA s'è scritto da solo, ma ci ha messo molti anni, e durante la pandemia ha deciso di uscire finalmente dal guscio perché, come dice Jane, “le coincidenze non esistono” e l'ora era giunta. Non gli attribuisco alcunché di messianico, però, nessuna missione particolare di risveglio o riscatto: è chi legge che può trovare qualche risposta, se si accorda sulla giusta frequenza o sente vibrare la sua Nota. Ma vale un po' per tutti, no? Di certo, ad esempio, “Il cornetto acustico” di Leonora Carrington, “American Gods” di Neil Gaiman, “Vizio di Forma” di Thomas Pynchon, “Il figlio del Dio del Tuono” di Arto Paasilinna”, “Il mondo sommerso” di James Ballard e “Mona Lisa overdrive” di William Gibson, in me hanno risuonato forte.



Hai usato il mito della terra cava di Agharta perché i leggendari abitanti si sono rifugiati in un mondo nuovo lontani dalle guerre che imperversavano nel mondo di sopra? Quindi gli umani potrebbero creare un loro mondo lontani dallo stress del progresso, dalle guerre e dalle crisi con un governo delle origini, matriarcale? Ma chi ci dà la sicurezza che qualsiasi forma di governo non sfoci nel potere assoluto e che gli umani non si facciano guidare dall’alterigia e che si piombi di nuovo nel ciclo continuo? Anche in altri mondi?


Se “tanto in alto quanto in basso”, AGHARTA è la metafora perfetta del sotto a cui corrisponde sempre un sopra. Luce e ombra, vita e morte, realtà, sogno, bianco e nero sono le due inseparabili metà del Tao che è sempre e solo Uno. L'ispirazione è giunta dalla bizzarra storia di questa leggenda narrativa diffusasi a inizio '900, molto situazionista, a cui i nazisti credevano a tal punto da finanziare spedizioni in Tibet per scovarne l'ingresso e raggiungere la capitale Shamballah, “Il Regno della Luce”, che per loro rappresentava l'archetipo dell'origine. Ma se quella dei nazisti era il lato oscuro della Forza, “La Svastica sul Sole” di Philip Dick, esiste un'energia speculare – femminile, bianca, potente – nello spirito dei tempi e nella mia AGHARTA, su cui riporre speranza di futuro e salvezza. Che la distopia sia su di noi è un dato di fatto, che la pandemia ha solo amplificato: clima, guerre e povertà ci ricordano ogni giorno che la civiltà patriarcale ha fallito e sta facendo schiantare il pianeta sulle sue stesse contraddizioni. Poi, certo, il cambiamento non significa il paradiso, anzi: ogni potere che sostituisce un altro prima o poi presenta il conto e il ciclo, come dici tu, riparte. Ma salvare il mondo è un compito per chi, qui e in ogni altro altrove, ha sempre creato la vita. Un mestiere da donne.


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