Il
nome di Jane Stuart Mill è un omaggio a John Stuart Mill filosofo ed economista
britannico che coniò il termine distopia? Sembra rivivere in Jane visto che
propugna la libertà in contrapposizione al fallimento della società imperniata
sullo sviluppo industriale con una classe politica dominante che schiaccia il singolo
individuo.
Si e grazie per la tua arguzia: il mio omaggio si
fermava al “Saggio sulla Libertà”. Quella propugnata da Jane è quanto di più
individualista, anti totalitario e addirittura anti sociale si possa
immaginare: la libertà di abbandonarsi alla misantropia è la chiave della sua
ricerca.
Perché
scrivere un distopico dopo la pandemia che ha messo sotto stress e impaurito
milioni di persone? Per svegliarle, far prendere coscienza alle loro menti e
farle uscire dal torpore in cui versano? Nelle tue letture preferite rientrano
i distopici?
AGHARTA s'è scritto da solo, ma ci ha messo molti anni,
e durante la pandemia ha deciso di uscire finalmente dal guscio perché, come
dice Jane, “le coincidenze non esistono” e l'ora era giunta. Non gli attribuisco
alcunché di messianico, però, nessuna missione particolare di risveglio o
riscatto: è chi legge che può trovare qualche risposta, se si accorda sulla
giusta frequenza o sente vibrare la sua Nota. Ma vale un po' per tutti, no? Di
certo, ad esempio, “Il cornetto acustico” di Leonora Carrington, “American Gods”
di Neil Gaiman, “Vizio di Forma” di Thomas Pynchon, “Il figlio del Dio del
Tuono” di Arto Paasilinna”, “Il mondo sommerso” di James Ballard e “Mona Lisa
overdrive” di William Gibson, in me hanno risuonato forte.
Hai
usato il mito della terra cava di Agharta perché i leggendari abitanti si sono
rifugiati in un mondo nuovo lontani dalle guerre che imperversavano nel mondo
di sopra? Quindi gli umani potrebbero creare un loro mondo lontani dallo stress
del progresso, dalle guerre e dalle crisi con un governo delle origini, matriarcale?
Ma chi ci dà la sicurezza che qualsiasi forma di governo non sfoci nel potere
assoluto e che gli umani non si facciano guidare dall’alterigia e che si piombi
di nuovo nel ciclo continuo? Anche in altri mondi?
Se “tanto in alto quanto in basso”, AGHARTA è la
metafora perfetta del sotto a cui corrisponde sempre un sopra. Luce e ombra,
vita e morte, realtà, sogno, bianco e nero sono le due inseparabili metà del
Tao che è sempre e solo Uno. L'ispirazione è giunta dalla bizzarra storia di
questa leggenda narrativa diffusasi a inizio '900, molto situazionista, a cui i
nazisti credevano a tal punto da finanziare spedizioni in Tibet per scovarne
l'ingresso e raggiungere la capitale Shamballah, “Il Regno della Luce”, che per
loro rappresentava l'archetipo dell'origine. Ma se quella dei nazisti era il
lato oscuro della Forza, “La Svastica sul Sole” di Philip Dick, esiste
un'energia speculare – femminile, bianca, potente – nello spirito dei tempi e
nella mia AGHARTA, su cui riporre speranza di futuro e salvezza. Che la
distopia sia su di noi è un dato di fatto, che la pandemia ha solo amplificato:
clima, guerre e povertà ci ricordano ogni giorno che la civiltà patriarcale ha
fallito e sta facendo schiantare il pianeta sulle sue stesse contraddizioni.
Poi, certo, il cambiamento non significa il paradiso, anzi: ogni potere che
sostituisce un altro prima o poi presenta il conto e il ciclo, come dici tu,
riparte. Ma salvare il mondo è un compito per chi, qui e in ogni altro altrove,
ha sempre creato la vita. Un mestiere da donne.
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