giovedì 30 ottobre 2014

La Compagnia della Morte






Tempi duri per l'Italia...di nuovo. Dopo un Rinascimento che aveva portato un po' di respiro in ambito culturale ed artistico, attraverso il quale si poteva respirare aria di rinnovo, si proseguì con le guerre, che tolsero la libertà agli italiani, precisamente con la discesa di Carlo VIII, tutto “grazie” ai conflitti interni (perché l'Italia era profondamente divisa), sostenuto dai baroni contro Ferdinando D'Aragona. I vari conflitti e i vari sotterfugi vanno avanti e a Carlo VIII succede Francesco I di Valois che si ritrova a scontrarsi con Carlo V. 

Naturalmente il teatro delle loro lotte era sempre l'Italia.
Si voleva contenere la forza degli Asburgo nella persona di Carlo V, già re di Spagna, ma alla fine la dominazione spagnola vinse ed occupò tutto il territorio dell'Italia meridionale e insulare, il Ducato di Milano e lo Stato dei Presidi a sud della Toscana.
Tutto ciò gravò sulle finanze dei cittadini italiani occupati. La Spagna era sempre alla ricerca di soldi per finanziare le continue guerre e gli sfarzi e il popolo si  indeboliva sempre di più.
Fino a quando sbucò una figura importante, che guidò una rivolta, Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello. Figura chiave per il popolo napoletano oberato di tasse.
Sulla base di questa storia d'Italia, nasce il romanzo storico di Alfredo Colitto, "La compagnia della Morte", che è un preludio del romanzo storico "Peste".
Masaniello non era il solo ad aver pensato di ribaltare il potere degli spagnoli, per liberare il popolo serviva un'azione di coraggio e i misteriosi componenti della Compagnia erano pronti a realizzarla.
In agguato però c'erano degli intrighi macchinati da odi profondi, proprio all'interno del gruppo di pittori che aveva fondato la Compagnia della Morte.
L'invidia con la rabbia e l'avidità genera un mostro dal quale non si torna più indietro.
Sebastiano Filieri promettente pittore aveva avuto tutto ciò che avrebbe voluto un suo rivale, per questo doveva pagare.
A dargli man forte c'era la compagna e futura moglie del padre di Sebastiano .
La tensione nella Compagnia della morte era alta, dovevano affrontare un piano altamente rischioso e gli uomini ignoravano la seconda trama perché ordita in gran segreto.
I nemici che congiuravano nell'ombra provocarono un dissesto familiare per far cadere Sebastiano nell'oblio, ma la personalità del pittore è forte e resiste.
L'odio, la cattiveria generano morti innocenti, ma gli stessi cattivi non saranno immuni alla giustizia divina.
Prima o poi arriva la verità e Sebastiano la scopre grazie alla cognata in fin di vita, che evidentemente, vuole redimersi prima di passare oltre.




Scorrevo lentamente i miei occhi sulle pagine, per il gusto di assaporare certe vicende, certe parole, certi svolgimenti storici. Ieri notte sono arrivata alla fine e ci son rimasta male perché non avevo mai visto una conclusione così, non in Colitto, ed infatti La Compagnia della Morte non è una fine, ma piuttosto un preambolo del prossimo libro, Peste.
Di cosa sto parlando? Per saperlo dovete leggere il libro!
Leggere i romanzi storici o i thriller storici di Alfredo Colitto è come sempre un piacere. 
Si rispolvera dei periodi storici importanti e la lettura è davvero scorrevole e piacevole, grazie alla sua abilità di scrittura.
Alla fine de La Compagnia della Morte, vi aspettano i primi tre capitoli di Peste.
Buona lettura.


Trama de La Compagnia della morte

Napoli, 14 agosto 1655. Il caldo torrido del pomeriggio non dà pace alle vie affollate della città, ma il pittore Sebastiano Filieri non può restarsene tr le fresche mura della cappella di Palazzo Agliaro, dove sta dipingendo un ciclo di affreschi. Lo attende un compito difficile: dire addio a Maria, la sorella di sua moglie Angela, l'ultimo affetto che gli resta della sua famiglia decimata.
Mentre Sebastiano è al suo capezzale, la donna pronuncia poche parole: un delirio, all'apparenza, ma a lui rivelano una verità che cercava da anni. La verità sulla morte di Angela.
Quelle parole lo riportano ai tragici giorni della rivolta di Masaniello, quando era entrato nella Compagnia della Morte, una società segreta di pittori che durante la notte cercavano e assalivano i soldati spagnoli nelle vie di Napoli, per testimoniare con la spada che la loro città mai si sarebbe rassegnata al dominio straniero.
Ma una notte, di ritorno da una missione, Sebastiano aveva trovato la moglie e la figlia crudelmente assassinate, da una persona che ormai era già morta. Distrutto dal dolore, aveva lasciato la Compagnia.
Ora, però, accanto a Maria, morente, comprende che il colpevole è un altro, e che la vendetta è ancora possibile.





Titolo: La Compagnia della Morte
Autore: Alfredo Colitto
Editore: Piemme
Prezzo: 1,90

lunedì 27 ottobre 2014

La classifica della Letteratura

Romanzo Storico e Fantasy
Io sono una lettrice (Ma va? Dirà qualcuno) per chi non l’avesse ancora capito e di solito leggo di tutto, ho, però, dei generi che preferisco e sono il romanzo storico e il fantasy!
Non capisco perché questi due generi vengono classificati di serie b, come se fossero dei libricini ludici, al pari delle spiegazioni di un aggeggio elettronico del quale si capisce perfettamente il funzionamento. Ma perché poi certa gente deve creare una classifica?
Per scrivere libri di genere fantasy o romanzo storico, serve una creatività sviluppata e uno studio accurato.
Capisco che la creatività è per pochi, anche se Julia Cameron dice (ne La via dell’artista) che tutti ce l’hanno, perché chi intraprende la via della fantasia inizia dei voli pindarici rimanendo con i piedi a terra, viaggia rimanendo dov’è, riesce a evadere mentalmente rimanendo legato alla realtà. Non si tratta di comportamenti infantili, al contrario.
L’autore sogna e fa sognare anche il lettore e per far sognare il lettore (quello vero) serve molta fantasia.
Ricordo di aver letto un libro (e mi son fermata al primo) sui vampiri talmente scialbo, sterile che non ha creato nemmeno un’immagine nella mia mente. Orbene la mia testa ci provava ma l’immagine creata a fatica spariva in un puff.
Scrivere trame fantastiche non è semplice!
Scrivere trame storiche non è facile!
Poi incontri persone che credono di avere una fantasia talmente ampia da saper tutto e che considerano questi due generi di serie c addirittura.
Il bello è che questo giudicare i due generi, viene da persone che lavorano in libreria.

Non capisco se sia un atteggiamento snob oppure se davvero pensano quello che dicono!
Molti sono gli autori che si cimentano in ricerche per dare vita alle loro creature ed io, naturalmente, ho chiesto a loro cosa ne pensano di questi inutili giudizi.
Ho posto la domanda sul romanzo storico a Franco Forte (scrittore, sceneggiatore, giornalista. Direttore editoriale delle collane da Edicola Mondadori (Gialli, Urania, Segretissimo), autore per le serie tv “Distretto di Polizia”, “RIS: Delitti imperfetti”. La sua ultima fatica letteraria è “Ira Domini” ed. Mondadori), Alfredo Colitto (scrittore e traduttore. Autore di “Cuore di ferro”, “I discepoli del fuoco”, “Il libro dell’angelo”, “Caffè Nopal”, “La porta del paradiso” e presto uscirà una sua ultima fatica “La compagnia della morte” precisamente il 21 ottobre), Carlo A. Martigli (scrittore che si dedica anche al teatro, ha scritto “999 l’ultimo custode”, “L’Eretico”, “La congiura dei potenti” uscito quest’ultimo il 28 agosto scorso. Scrive anche horror per ragazzi con lo pseudonimo di Johnny Rosso) e Marcello Simoni (ex archeologo e bibliotecario, è uno scrittore. Ha vinto il premio Bancarella 2012, “Il mercante di libri maledetti” ha il secondo posto di libri più venduti in Italia (2011). La trilogia del mercante prosegue con “La biblioteca perduta dell’alchimista” e “Il labirinto ai confini del mondo”. Ricordo anche la Rex Deus Saga “L’isola dei monaci senza nome” pubblicata precedentemente in ebook e la sua ultima fatica “L’abbazia dei cento peccati” anch’essa una saga della quale si attende il seguito); la domanda sul fantasy a Antonio Lanzetta (scrittore di fantasy che si è classificato, nel 2012, al primo posto nel concorso letterario nazionale “Nuove Chimere” con “Ulthemar-La Forgia della Vita” come miglior fantasy sperimentale. Il suo ultimo lavoro si intitola “Warrior. La vendetta del guerriero”); entrambe le domande a Oriana Ramunno (grafica, illustratrice e scrittrice. I suoi lavori sono “Gli dei di Akihabara” e l’ultimo “Le ombre di Averno” pubblicati da Delos Digital. C’è anche un progetto di un fantasy storico scritto a quattro mani con Scilla Bonfiglioli) ed a Scilla Bonfiglioli (attrice e regista nella Compagnia teatrale “I Servi dell’Arte”, ha pubblicato diversi racconti per Delos Digital e per Mondadori. Ricordiamo che un suo racconto “La corte della seta” è in “Anno Domini” giallo Mondadori dello scorso luglio. Autrice della saga fantasy “L’ultima soglia”. In questo mese è uscito “Porche Parche”.)

Cosa risponde a chi considera il romanzo storico una storiella di poco conto che dovrebbe rimanere relegato nei meandri di uno scaffale di libreria, lasciando il posto magari ai saggi? Cosa pensa di una persona che non considera questo genere rispetto ad altri generi e si considera una libraia?
Franco Forte
Mah, non mi metto certo a discutere con i librai, ciascuno lavora a modo suo. Di sicuro il romanzo storico è una finestra importante sul nostro passato, sugli avvenimenti e sulle persone che hanno dato vita al presente, e leggerli, viverli attraverso le emozioni che possono essere trasmesse da un genere letterario come questo, significa imparare tanto del presente e della società attuale. Come si può credere di vivere senza conoscere il nostro passato? L’esempio di chi ci ha preceduto dovrebbe essere fondamentale per evitare di nuovo gli errori che hanno costellato il progresso umano, ma molti sembrano non capirlo. Un esempio? Quasi 2000 anni fa Catone scriveva: “I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene. Quelli di beni pubblici nella ricchezza e negli onori”. Non sembra una frase pronunciata oggi? Qual è la differenza? Ecco, sono proprio queste lezioni che dovrebbero farci comprendere quanto sia importante affondare ogni tanto nel nostro passato per recepire la lezione e farla nostra. MA non attraverso la saggistica o i libri di scuola, che servono solo a chi vuole “studiare”. La storia, per capirla davvero, va vissuta, e solo il romanzo storico può farlo.
Alfredo Colitto
In realtà non credevo possibile che qualcuno pensasse questo del romanzo storico. Voglio dire, ci sono precedenti illustri, da Manzoni a Dumas, tanto per citarne solo due. E mi sorprenderei molto se a dirlo fosse una persona che lavora in una libreria.
Poi è vero che circolano tanti libri brutti e scritti male, ma non dipende dal genere, che è nobilissimo. Dipende dagli scrittori e dagli editori.
Carlo A. Martigli
Fondamentalmente che nonostante il suo lavoro, non sa leggere…Un libro è bello quando dà un’emozione. Se non la dà, è brutto. E può essere un giallo, uno storico, un intimo, un fantasy o una fantascienza. Vivere di pregiudizi è una dichiarazione di ignoranza. In più, credo che un bel romanzo storico, emozionante, possa far riflettere, attraverso il passato, sul presente e dare una chiave di interpretazione non settaria, ma più libera e aperta. Questo, se ci si ferma un istante a riflettere. Ma se la riflessione non fa parte della vita, è inutile stare a parlarne.
Marcello Simoni
A questa persona risponderei con poche parole, perché se si esprime in questi termini significa che legge pochi libri, che non sa distinguere i generi e che quindi non capisce un’acca di narrativa. Il romanzo storico è una particolarissima commistione di documentazione e fiction che consente al medesimo tempo di intrattenere e di visitare epoche passate. E questo succede a prescindere dall’accento giallo, romantico o avventuroso che l’autore conferisce al ritmo della narrazione.

Autori
Cosa rispondi a chi considera il Fantasy una storiella per bambini, al pari di certe favole, che non richiede (sempre per tali persone) nessuna ricerca, ma solo idee distorte dell’autore? Come spieghi a queste persone, soprattutto a quelle che si considerano dei librai, la ricerca e la creatività necessarie per scrivere un Fantasy?
Antonio Lanzetta
In Italia il fantasy e’ sempre stato considerato un genere letterario di serie B. Per quanto un autore di genere possa avere talento e produrre storie di alto livello narrativo, sara’ sempre considerato alla stregua di qualcuno che vende aria fritta. Eppure scrivere fantasy, creare mondi e situazioni, rappresenta il mezzo piu’ efficace per analizzare la nostra societa’. Temi complessi possono essere spiegati e diluiti attraverso il meccanismo della metafora. Trasporre la realta’ che viviamo in contesti legati all’immaginario puo’ aiutare a capire il perche’ delle cose.

Cosa rispondi a chi considera il romanzo storico una storiella di poco conto che dovrebbe rimanere relegato nei meandri di uno scaffale di libreria, lasciando il posto magari ai saggi? Cosa pensi di una persona che dice e pensa queste cose e si considera una libraia?

Oriana Ramunno
Se un libraio mi dicesse queste cose, penserei che la libreria in questione ha molti saggi in magazzino da liquidare!A parte l’ironia, è una realtà che spesso il romanzo storico venga considerato una “storiella” piena di errori cronologici o inesattezze di vario genere, in cui lo scrittore travisa la realtà e la plasma a favore della trama, dando un’immagine distorta di un evento. Chi vuole imparare la storia, dunque, compri un saggio? Sì, se quello che interessa è soltanto l’evento in sé. Il romanzo storico, però, può darci qualcosa in più rispetto a un trattato di storiografia: l’atmosfera. Partiamo dal presupposto che, a differenza di quanto si pensi, un bravo scrittore non debba plasmare la realtà per adattarla alla trama, ma il contrario. Lo scrittore deve limitare la propria fantasia e strutturare la trama in base agli eventi storici. Per fare ciò, occorre uno studio accurato: egli deve conoscere bene non solo gli eventi storici, ma gli usi, i costumi e le condizioni sociali di un’epoca. Prendiamo l’esempio di uno scrittore che voglia raccontare una storia ambientata nell’antica Roma. Non gli basterà sapere che Tito, come imperatore, dovette affrontare l’emergenza dell’eruzione del Vesuvio, ma dovrà interrogarsi anche su altri aspetti. Come vivevano i romani? Cosa mangiavano? Che unità di misura usavano? Come si vestivano? Com’era il rapporto tra genitori e figli? E tra l’imperatore e il popolo? Com’è stata l’eruzione del Vesuvio? Come sono stati organizzati i soccorsi? Ecco che, allora, entra in scena il saggio storico, che deve essere la base di studio dello scrittore insieme ad altri documenti (nel caso dell’eruzione del Vesuvio, le immancabili epistole di Plinio il Giovane). La stesura di un romanzo del genere, dunque, prevede uno studio accurato del periodo storico scelto e non ha la pretesa di sostituire un saggio, ma di fornire un modo diverso di comprendere la storia. Quello che rimane al lettore, infatti, è soprattutto l’atmosfera. E’ attraverso l’atmosfera, che egli si ritrova catapultato nel passato e che può sentirne suoni e odori. E’ attraverso l’atmosfera che la storia ci rimane dentro, impressa nelle mani che hanno sfogliato le pagine. L’aria irrespirabile satura di gas e cenere, il caldo insopportabile sulla pelle, l’odore di bruciato che punge le narici, la paura e la sofferenza: queste sono cose che un romanzo storico può raccontarci dell’eruzione del Vesuvio, e un saggio no. Voglio citare un ultimo esempio, al proposito. Stavo cercando un libro che mi raccontasse l’Apartheid, facendomi “vivere” quel momento storico così delicato, e alcuni sudafricani mi hanno suggerito il libro I burattinai di Renesh Lahkan, scrittore nato nel KwaZulu – Natal, una regione sudafricana che si affaccia sull’Oceano Indiano. Racconta di un bambino nato da un matrimonio misto, durante l’amaro governo degli afrikaaner. Questo libro, ha la risposta alla domanda che mi è stata posta. Ci sono due modi, per capire la storia. Uno è leggere un saggio, l’altro è leggere un romanzo. Ma l’Apartheid è qualcosa che non si può imparare dalle date e dagli eventi. L’Apartheid era una condizione interiore, che solo chi ha vissuto può raccontare. Con I burattinai riusciamo a cogliere quella condizione, perché viviamo la storia attraverso gli occhi e le emozioni del protagonista. Nulla più di un romanzo può insegnarvi cos’è stato quel periodo storico. Ecco che, grazie all’atmosfera, il romanzo può battere il saggio

Scilla Bonfiglioli
Non vedo perché narrativa e saggistica debbano essere considerati in antitesi. Lo scopo dei saggi è quello di essere esaustivi, portare fonti e documenti, costruire e ricostruire un pensiero, una tesi, un argomento. Un’opera di narrativa deve invece stimolare l’interesse del lettore attraverso altri strumenti. La narrativa permette di vivere un’esperienza in prima persona, a fianco del protagonista o addirittura diventando il protagonista stesso. Possiamo leggere un saggio meraviglioso sulla Roma imperiale, oppure immergerci nella Roma imperiale stessa attraverso, ad esempio, i gialli storici di Danila Comastri Montanari, vivendola attraverso le indagini del senatore Publio Aurelio Stazio e del suo liberto Castore. La scelta di uno non esclude l’altro. Anzi, per quanto mi riguarda, leggere l’uno apre automaticamente la porta all’altro. C’è davvero chi auspica alla presenza dei soli saggi in una libreria? Penso sia una fantasia se non altro limitata. Sarebbe come se il proprietario di un locale pretendesse di servire solo e soltanto Cosmopolitan. Sarebbe un barista molto stupido.

Cosa rispondi a chi considera il Fantasy una storiella per bambini, al pari di certe favole, che non richiede (sempre per tali persone) nessuna ricerca, ma solo idee distorte dell’autore? Come spieghi a queste persone, soprattutto a quelle che si considerano dei librai, la ricerca e la creatività necessarie per scrivere un Fantasy?

Oriana Ramunno
Avete presente l’Odissea? Non direste che è una favola per bambini. E avete presente l’Epopea di Gilgamesh? Entrambe possono essere considerate le prime opere fantasy della storia della letteratura. Il fantasy è un genere che affonda le sue radici nell’epoca greca e mesopotamica eppure, oggi, viene considerato un genere minore, contrapposto alla letteratura “alta”. Il fantasy viene spesso svalutato e liquidato come “letteratura di genere”, eppure richiede una profonda conoscenza dei miti e della storia. Uno scrittore di fantasy (e parliamo di un buono scrittore, non di uno mediocre) deve essere anche un buon conoscitore della mitologia, della storia e del simbolismo. Deve riuscire a combinare il surreale con il reale e offrire non solo una buona trama, ma anche una metafora del nostro mondo attraverso elementi fantastici. Un lavoro tutt’altro che facile e banale. Del resto, nemmeno le fiabe sono facili e banali. E chi ha masticato un po’ di Vladimir Propp, ne sa qualcosa.
Scilla Bonfiglioli
È una battaglia vecchia e anche un po’ sfibrante. Bisognerebbe intanto sfatare il fatto che le favole siano per bambini, basterebbe avere un’idea del pensiero di Propp, di Callois o della Pinkola Estés per capire quanto la favola, la fiaba e il gioco siano una cosa seria e magistralmente costruita. Ci vuole molto più lavoro dietro a una storia archetipica, per farla funzionare, che dietro a molti altri generi. Il fantasy si rifà al mito, alle leggende, al folklore. Per scrivere una buona opera fantasy bisogna conoscere quello che è stato scritto prima a cominciare dalle storie degli dèi e degli eroi raccolte millenni fa. E ce ne sono così tante da poterci perdersi in uno studio di una vita. Alzi la mano chi non ha sentito parlare di Tolkien e della costruzione del suo mondo che affonda nell’antropologia e nella teologia, nello studio dei miti pagani celtici e nordici e nella linguistica: più lo studio è accurato, più il lettore viene catturato nella rete e sente il lavoro di amore e precisione all’interno di un testo. Ma parlare di Tolkien è troppo facile. Si potrebbe suggerire di dare un’occhiata alla saga del Mondo Disco di Pratchett. Cosa dire ai librai? Di spingere gli editori perché finiscano di tradurla tutta, la saga del Mondo Disco, magari, dal momento che c’è tanta storia quanto intelligentissima e sottile satira politica e sociale. Poi certo, si fa presto a portare esempi di qualità infima, dove la ricerca dietro la storia è bassa quanto l’abilità drammaturgica dell’autore. Il fantasy (e più in generale, il fantastico) è un genere che ha avuto molti boom e ha visto passare molte mode: è facile trovare spazzatura e gettare fango su tutto il resto, ma è stupido.
Non saprei che dire ai librai, anche perché non ho ben chiara quanta responsabilità abbiano per questo: il mio appello lo farei ai lettori, invitandoli a leggerne di più e a scegliere con consapevolezza, distinguendo una buona storia dall’ennesima minestra riscaldata.
Concludo velocemente: penso che questo problema relativo al fantasy sia tipico della realtà editoriale e intellettuale italiana. Tutta la letteratura di genere è ritenuta di serie B: “i fantasy sono per ragazzini, i gialli sono fatti per essere letti sotto l’ombrellone, l’horror è per malati di mente. Le uniche cose degne di essere lette sono quegli infiniti polpettoni introspettivi che vincono premi letterari dai nomi prestigiosi.” Questo è un pensiero che porta alla morte della lettura e della letteratura. Il mercato anglosassone non si fa problemi di questo genere e innalza senza snobismo nomi come Gaiman o Pratchett, autori del fantastico.
Se Harry Potter fosse stato scritto in Italia, forse non avrebbe mai visto la luce. E magari Stephen King scriverebbe ancora senza riscontro nella sua roulotte a Castle Rock. Non sono solo i lettori italiani a ricevere porte in faccia nelle librerie riguardo al fantasy e al fantastico, ma lo sono anche i nostri autori. Sarebbe interessante parlare anche di questo.

La morale è: Leggete bene e leggete tutto (magari non la cartastraccia). Non trascurate dei generi letterari che son costati fatica all’autore e che possono far viaggiare il lettore, solo per una stupida discriminazione!



Articolo scritto per iltempolastoria.it
http://www.iltempolastoria.it/rubriche/libri-in-viaggio/la-classifica-della-letteratura/

sabato 25 ottobre 2014

La biblioteca dei libri proibiti





La biblioteca dei libri proibiti John Harding

Questo libro aveva catturato il mio sguardo più volte, ma, non so perché, l'ho sempre lasciato sul suo scaffale in libreria.
Pochi giorni fa lo rivedo su internet, mentre vago tra elenchi di titoli libreschi.
Non appenalo vedo, mi vien la voglia di leggerlo, una voglia pazzesca, mi alzo dalla postazione pc e mi reco in sala dove sono tre delle mie librerie (la quarta è in camera) e cerco tra le pile di libri in attesa di esser letti, naturalmente verifico anche in camera, per tre volte, ma questo libro proprio non salta fuori!
Ero convinta di averlo!
Alla fine mi arrendo e raggiungo un verdetto: non ho il libro in questione.
Mi son convinta del contrario perché lo incontravo sempre in uno scaffale della libreria sotto casa, ed allora son scesa e mi son recata nel regno dei libri dove ho dovuto ordinarlo perché non c'era più!
Era troppo bello risalire col libro tra le mani!
Dopo nove giorni (che dovevano essere quattro al massimo), finalmente, arriva! Ho dovuto aspettare così tanto per finirlo di leggere in nemmeno tre giorni!
John Harding utilizza una suspense fluida che crea una curiosità che si insinua nella mente del lettore fino alla fine.
Il romanzo è gotico, per certi versi riconducibile a quelli di Zafon dai quali differisce per via delle note un po' più leggere.
Il mistero aleggia tra le parole e il lettore, si vivono le sensazioni e le emozioni che circolano nella casa di Blithe.
Dopo La bambina delle rune non credevo di incontrare un altro libro che avesse il finale sorprendente per gli standard del lieto fine. Anche La biblioteca dei libri proibiti, per fortuna, non ha il solito finale scontato.
Nella vita non ci sono sempre lieti fini ed anche se i libri servono per evadere, per sognare, non tutti vogliono immaginare sempre le stesse cose.
La dimora di Blithe è un mistero che respira.
Florence e Giles sono due fratelli (nati da madri diverse) che vivono in quella grande casa con la governante e i domestici.
Anche se in verità sono fratellastri, i due son parecchio legati.
La biblioteca è proibita per le donne di casa, e cioè per Florence, che , per ordine dello zio, non può imparare a leggere e scrivere. Non deve studiare.
Volontà di uno zio che i due ragazzi non conoscono, che non hanno mai visto, che mantiene la tenuta da lontano e che impartisce ordini sulla loro educazione.
Le suddette proibizioni derivano da una delusione amorosa dello zio, il quale amava una donna che preferì lo studio e l'insegnamento a lui.
Da allora la biblioteca, fonte del sapere, era chiusa alle donne della famiglia.
Ma si sa, quando c'è un divieto di mezzo e soprattutto quando c'è un'età dove si vuole contravvenire a regole troppo rigide, si fa di tutto per aggirare l'ostacolo e Florence architettò vari espedienti per poter imparare a leggere e a scrivere mantenendo il segreto.
La biblioteca un mondo a parte che nasconde anche dei segreti, ne cela uno importante sulla morte dei suoi genitori, incuriosendo sempre di più Florence.
Per far studiare Giles, tornato da una scuola dove non si trovava a proprio agio, lo zio assume un'istitutrice.
Da qui iniziano i problemi.
Sparizioni, strane apparizioni, misteri sempre più fitti.
Non posso rivelare tutto, questo libro s'ha da leggere!
Ho sentito dire che molte persone son rimaste colpite in positivo da questo libro, io sono entusiasta di averlo letto!
Ha sempre il solito problema dei libri scritti bene e cioè, finisce subito!




“Sono solo una bambina.
Qui non potrei entrare.
Per questo devo dire le bugie.
Per questo mi restano solo i libri.”




P.s. I libri vanno interpretati non solo letti con distrazione, giusto per dire o per far vedere ad altri che si legge un gran numero di romanzi!
Perché potrei dire di molti scrittori che vengono letti solo per il gusto di uccidere gli alberi!
Ognuno ha la propria opinione ed è giusto rispettarla!



Titolo: La biblioteca dei libri proibiti
Autore: John Harding
Editore: Garzanti
Prezzo: 9,90

domenica 19 ottobre 2014

Tesla il vero genio.



Ho letto commenti del tipo “Non si capisce molto perché sono pezzi estrapolati dai suoi pensieri”.
Io ho letto questo libro con tranquillità e mi son trovata in difficoltà col suo pensiero geniale, visto che non si sta parlando di un personaggio delle favole, ma di un grande scienziato qual è Nikola Tesla!
Chi credeva di leggere una favola o un romanzetto da quattro soldi, ha sbagliato di grosso. Il libricino è piccolo ma denso di significato.
Si tratta dei pensieri del “più grande genio dimenticato della storia” come recitano dei siti su internet. 
Più che dimenticato, Tesla è stato sfruttato e poi messo volontariamente nel dimenticatoio da gente priva di scrupoli che aveva visto nelle sue invenzioni lucro e sfruttamento dell'atmosfera e delle persone a loro vantaggio.
Il libricino in questione è “Le mie invenzioni. Autobiografia di un genio.” e naturalmente non si trova in ogni scaffale in bella vista. 

“La prematura morte di milioni di individui è essenzialmente riconducibile a questa causa, Anche tra coloro che fanno sempre molta attenzione a tutto, è un errore comune evitare l'immaginario e ignorare i pericoli reali. E ciò che è vero per un singolo individuo si applica più o meno a tutta la popolazione. Lo testimonia, in questo caso, il movimento proibizionista: una misura drastica, se non addirittura incostituzionale, è stata promulgata in questo paese per prevenire il consumo di alcool. Tuttavia è strano che siano liberamente tollerati -persino in tenera età- caffè, tè, tabacco, gomme da masticare e altri stimolanti decisamente più pericolosi per la salute nazionale, stando al numero di persone che ogni anno ne muoiono.”

(Capitolo secondo. Le mie prime esperienze da inventore)

Nel periodo di lettura delle parole di Tesla, guardavo una serie tv su Leonardo Da Vinci e, in questo modo, era come se vedessi Tesla operare. Anche Tesla aveva delle visioni di cui parla nei suoi appunti. Naturalmente i tempi non erano maturi per considerare queste visioni come dei parti di idee brillanti. Non erano tempi maturi all'epoca di Leonardo, non erano tempi maturi all'epoca di Tesla e non sono tempi maturi ai tempi nostri, ormai nel 2014.
Non sono mai maturi i tempi per accogliere dei geni e i loro comportamenti che differiscono da tutti gli altri esseri umani.
Le loro teste erano sempre in movimento non si fermavano mai, credo che non dormissero davvero. Io loro riposo era sicuramente invaso da pensieri di possibili invenzioni. 


“Per qualche tempo fui impegnato a tempo pieno, pervaso di intensa gioia a disegnare macchine e a progettare nuovi schemi. Era uno stato di felicità mentale pressoché totale come mai mi era capitato in vita mia. Sempre nuove idee sgorgavano dalla mia mente e il mio unico problema era quello di concretizzarle rapidamente. Ogni singola parte degli apparati che ideavo e immaginavo erano per me assolutamente reali e tangibili in ogni loro dettaglio, perfino nei particolari più piccoli e nei loro segni di usura.”

“Vorrei esser capace di poter mettere in parole le mie prime impressioni su questo paese. Nelle favole arabe si legge di come i geni possano trasportare le persone in una terra di sogno dove si vivono incantevoli avventure. Il mio caso si rivelò l'esatto contrario. I geni mi gettarono da un modo fatto di sogni ad uno reale. Quello che avevo lasciato era bellissimo, artistico e affascinante sotto ogni aspetto; ciò che vidi in America era invece macchinoso, grezzo e privo di attrattive. … “E' questa l'America?” mi chiesi impaurito, “come civiltà è un secolo indietro rispetto all'Europa”. Ma quando nel 1889 feci ritorno in Europa -cinque anni dopo il mio arrivo in America- mi convinsi che l'America era molto più di un secolo avanti rispetto all'Europa, e da quel giorno in poi niente è mai successo che mi abbia fatto cambiare opinione.”
(Capitolo quarto. La scoperta della bobina di Tesla e del trasformatore)


Tesla si dava da fare per cercare di aiutare con le sue invenzioni quanta più gente potesse. Effettivamente lui aveva in mente di aiutare l'umanità, ma questo non era ben visto da chi doveva finanziarlo. I finanziatori non vedevano lucro nelle idee di Tesla che voleva ridurre i costi dell'energia a zero. Grazie a lui, chiunque mettendo un'antenna in giardino avrebbe potuto trarre energia senza riuscire a quantificare quest'energia, quindi senza pagarla. Com'è giusto che sia visto che l'energia è naturale!


“Tuttavia l'effetto in prospettiva della corrente alternata non è stato quello di rendere inutili i macchinari esistenti: al contrario li ha ulteriormente valorizzati. Per come è pensato, il sistema permette infatti nuovi sviluppi oltre a un miglioramento dei vecchi impianti. La mia turbina rappresenta invece un progresso di carattere completamente differente. E' una svolta radicale, nel senso che il suo successo presupporrebbe l'abbandono definitivo degli antiquati modelli di motori esistenti, su quali però sono stati già investiti miliardi di dollari. In queste circostanze il progresso necessariamente diventa lentissimo, e il maggiore impedimento è rappresentato dai pregiudizi inculcati nelle menti degli esperti dall'opposizione organizzata.”

“Se fosse in nostro potere stimolarlo in qualsiasi momento e in ogni luogo, questo potente flusso che assicura la vita potrebbe venir controllato a piacere. Potremmo irrigare aridi deserti, creare laghi e fiumi, e fornire potenza motrice in quantità illimitata. Questo sarebbe il modo più efficiente per sfruttare il sole a vantaggio delle necessità dell'uomo. Il successo dipenderebbe dalla nostra capacità di creare forze elettriche nell'ordine di quelle della natura. Sembrava un'impresa senza speranza, tuttavia decisi di tentare e nell'estate del 1892, appena dopo il mio ritorno negli Stati Uniti, iniziai un lavoro che rappresentava per me uno dei più avvincenti, poiché per ottenere la trasmissione di energia senza fili era necessario anche un apparato trasmittente dello stesso tipo.”


“Questa invenzione faceva parte insieme ad altre del mio “sistema mondiale di trasmissione energetica senza fili” che avevo intenzione di iniziare a commercializzare nel 1900, al mio ritorno a New York. Riguardo gli immediati obiettivi della mia impresa, essi risultavano evidenti in una dichiarazione tecnica risalente a quel periodo, della quale riporto questo estratto:

«Il “sistema mondiale di trasmissione energetica senza fili” è il risultato di una combinazione di molte scoperte originali fatte dall'inventore nel corso di una lunga e continua sperimentazione. Ha reso possibile non soltanto l'istantanea e precisa trasmissione senza fili di ogni tipo di segnale, messaggio o carattere, ma anche la connessione tra di loro delle già esistenti stazioni telegrafiche, telefoniche e per altri segnali, senza alcuna modifica della loro attuale struttura. Ciò significa, ad esempio, che un abbonato telefonico può chiamare e parlare con altri abbonati in qualsiasi luogo del globo.» 

“A Long Island fu costruito un impianto con una torre alta cinquantasette metri e un terminale di forma sferica di circa venti metri di diametro. Queste dimensioni sono adatte alla trasmissione senza fili di una quantità di energia senza limiti di voltaggio.”

(Capitolo quinto. Il trasmettitore di ingrandimento)







Nikola Tesla era uno scienziato che voleva sfruttare l'energia naturale per distribuirla gratuitamente agli esseri umani, ma non aveva fatto i conti con la cupidigia di chi controlla il mondo!
I suoi progetti vennero presi e la sua immagine fu relegata in un angolo ed essa piano piano iniziò a sbiadire fino a quando nessuno ricordava il suo nome, le sue invenzioni e i suoi risultati.
Tesla venne soffocato dai debiti ed i mass media (dipendenti di chi controlla il mondo) iniziarono a farlo passare per pazzo!

Una sentenza della Corte Suprema americana del 21 giugno 1943 (caso 369) sta aspettando che il Premio Nobel per la radio venga restituito al suo vero inventore, Nikola Tesla.

Non ha mai perso la speranza di poter contribuire al progresso, è sempre rimasto con i piedi per terra concentrato sulle sue invenzioni per migliorare le condizioni umane.






Titolo: Le mie invenzioni. Autobiografia di un genio
Autore: Nikola Tesla
Editore: PIANO B 
Prezzo: 12 euro



giovedì 16 ottobre 2014

LUX 01 Città Sant'Angelo

William Bansinski
Città San Angelo: LUX 01 al Museolaboratorio
Lux tradotto dal latino significa luce che manca nei colori e nelle musiche melanconiche che accompagnano le opere dei due artisti, ma che si ritrova nel significato finale delle loro visioni.
Videoarte e musica insieme per un nuovo appuntamento di arte visiva contemporanea alMuseolaboratorio ex manifattura tabacchi di Città Sant’Angelo.
La staticità di un normale museo incontra l’attività di laboratorio, giusta commistione per ospitare opere di artisti contempoanei.
Dal 18 ottobre al 19 novembre due artisti americaniJames Elaine e William Basinski, riempiranno il museo con le loro note ed i loro video.
Museolaboratorio Città San Angelo
Città Sant’Angelo risponde a questo appello ospitando mostre nel suo Museolaboratorio, nato nel 1998 grazie alla volontà comunale e portata avanti dal direttore artistico Enzo De Leonibus.
I suoni di Basinski incorniceranno l’arte di Elaine tra le varie sale del Museolaboratorio svelando le visioni dei due artisti.
La prospettiva artistica di Basinski e Elaine riflette l’asservimento dell’uomo al tutto, spezzato da malinconiche note che denotano delle variazioni che cambiano l’abitudine.

https://www.youtube.com/watch?v=vz5S08mcLHc

Programma
18 Ottobre – 16 Novembre 2014
Museolaboratorio Ex Manifattura Tabacchi
Vico Lupinato 1, Città Sant’Angelo (Pescara) – Italia
Inaugurazione 18 Ottobre 2014, ore 19
ingresso
1 euro offerta
orari di apertura
tutti i giorni dalle ore 18:00 alle 21:00 o su appuntamento,
chiuso lunedì e martedì.
info 3281868850, 3271015880


Articolo scritto per Subcity.it

venerdì 10 ottobre 2014

Premio Nobel Letteratura 2014


Un anno fa il Premio Nobel alla Letteratura lo vinceva la canadese Alice Munro perché è una “Maestra del racconto breve contemporaneo”. 
Naturalmente ho verificato di persona e devo dire che mi sono affezionata ai suoi racconti.
Quest'anno nella corsa al Nobel per la Letteratura figuravano anche Umberto Eco e Dacia Maraini, due italiani per cercare di portare a casa il Premio dopo che questo fu dato all'italiano Dario Fo nel lontano 1997, ma loro son state solo delle comparse. 
La vera battaglia si è consumata tra i favoriti, risultati tali dalle ricerche dei vari bookmaker, Haruki Muakami e Ngugi Wa Thiong'o, anche se altri due nomi figuravano nelle retrovie ed erano quelli di Nuruddin Farah e Svetlana Alexievich. 
Ed invece...sorpresa!
In silenzio perché nominato di meno rispetto agli altri, vince il Premio Nobel Letteratura 2014, il francese Patrick Modiano. 
Ha ricevuto il Premio “per l'arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e svelato la vita reale durante l'Occupazione”.
Modiano nacque a Boulogne-Billancourt, nella regione dell’Île-de-France  nel 1945.

Il padre dello scrittore e sceneggiatore francese aveva origini italiane e la madre era un'attrice belga. Dalla collaborazione del padre con il regime nazista, Patrick Modiano, non si riprese e cercò di ritrovare attraverso la narrativa la figura paterna. 
Al liceo conosce Raymond Quenau, un amico della madre, che diventerà suo amico e che fece conoscere a Modiano la letteratura e molti letterati.
La figura del padre risulta una spina nel fianco per Modiano, risultando tutt'altro che forte visto che dopo la cattura dei nazisti decide di aiutarli per poter sopravvivere, calpestando in questo modo l'onore. 
Proprio per questo motivo, i suoi romanzi vertono sulla figura dell'ebreo, sulla Parigi occupata dai nazisti e su dei personaggi ambigui.
Anche la collaborazione al film Lacombe Lucien che viene candidato all'Oscar nel 1974, come miglior film straniero ha la macchia dell'onta. Difatti parla di un ragazzo che lavora in una casa di riposo, nel 1944, a sud della Francia e che diventa un collaborazionista dei nazisti.



Pizzini tra i libri


Ogni idea libraria, si concentra nell'attirare più lettori possibile, in questo periodo critico per la cultura e soprattutto per le librerie e le case editrici.
Le idee più originali degli irriducibili trascinano la curiosità di quanti non sono particolarmente attratti dai libri.
Sempre di corsa, mai un attimo di tempo, in presenza di una pausa si preferisce accendere la televisione per staccare la spina al cervello.
Male!
Il cervello ha bisogno di essere alimentato e di evadere dalla routine e l'evasione viene fornita dai libri che ti portano nel loro mondo dalla prima all'ultima pagina.
Ed allora si elaborano idee per far acquistare i libri che rimangono sui loro scaffali, in attesa di poter occupare un posto in una calda libreria di casa.
Una libreria, lo scorso anno, mise dei post-it sulle copertine dei libri con degli estratti degli stessi oppure con una breve presentazione, tipo: “Ciao!Sono il libro più venduto del settore rosa.”

           
L'idea di qualche tempo fa, è geniale curiosa e divertente.
Mettere dei pizzini tra i libri, in questo modo chi acquisterà il libro, troverà una bella sorpresa. Chissà che messaggi troveremo tra le pagine del Barone Rampante o de Il signore degli anelli, tra quelle de I pilastri della terra o tra le pagine di Dracula .
Fate sbizzarrire la vostra fantasia che non vede l'ora di esplodere e scrivete messaggi originali, liberate la mente, lasciate che si sfoghi.

E' stata Luana Cau, 23 amni studentessa di Giurisprudenza che vive a Cagliari, ad inventarsi l’iniziativa, dichiarando a chi le ha chiesto a cosa servono i pizzini : «Roba che scotta, materiale pericoloso. In effetti la letteratura è qualcosa di pericoloso, sovversivo, avventuroso: in quei fogli abbiamo chiesto a chi ci sta di scrivere citazioni da altri libri, oppure i propri pensieri, auguri, consigli, confidenze. Poi, se vogliono, possono firmarsi, anche con uno pseudonimo, e scrivere un indizio geografico o il nome della libreria. Perché – spiega – le vie della lettura sono infinite: noi abbiamo bisogno della lettura, ma anche la lettura ha bisogno di noi. E questo mi è sembrato un modo per aiutarci a riconquistare il gusto di leggere».
L'iniziativa si è mossa per tutta l'Italia ed ora continua?


Forse come tutte le mode, dopo un po' di tempo decade, io dico di continuarla! 






Trovare un bigliettino in mezzo al libro, può emozionarti, può farti ridere, può rimembrare un ricordo, può cambiarti la giornata, quindi conviene acquistare un libro per trovare un messaggio misterioso.


P.s. Può anche farti arrabbiare se il messaggio trovato non è di tuo gradimento, ma comunque è divertente.







lunedì 6 ottobre 2014

Chi è Elia Mangiaboschi?


10440691_1420671624879497_746928442756085369_n
Passeggiando per il web si incontrano molti siti, moltissimi blog, io ne ho incontrato uno davvero interessante. Il blog è di Elia Mangiaboschi un ragazzo di Roma che trasforma in parole la sua vita.
Cosa c’è di eclatante? Be’ poche persone scrivono ciò che gli accade durante il giorno e pochissime riescono a tirar fuori storie che ti tengono incollata allo schermo fino a quando non arrivi al punto finale.
Elia racconta la realtà e la contorna di ironia, di nostalgia, di senso critico intrattenendo il lettore con i suoi accadimenti quotidiani.
L’ho intervistato per saperne di più. Buona lettura.
10274014_1410736735872986_8099166804325212720_n
Leggendo il tuo cognome, Mangiaboschi, immagino elfi, folletti, orchi, troll, sembra di vedere un mondo fatato (o forse sono troppo fantasy). Effettivamente nel tuo mondo si incontrano molti “personaggi” che tu poi descrivi nel blog, che è una sorta di diario dove ci sono rinchiuse le tue sensazioni, le tue emozioni, la vita del quartiere romano dove hai vissuto fino a qualche tempo fa e la vita di quello dove vivi. Tu racconti del quartiere d’infanzia con note diverse da quelle per il quale è famoso e cioè la banda della Magliana (uno dei problemi della televisione, distruggere senza spiegare. Quel quartiere è famoso solo per questa banda e non si sa niente al di fuori di questa). Cosa pensi della superficialità della comunicazione che ha porta (o dovrebbe portare) il peso della conoscenza e che non trasmette che un briciolo del tutto (sempre se questo briciolo sia vero)? E i “personaggi” che si incontrano possono essere paragonati a quelli di un mondo fatato a seconda del loro carattere (folletto/dispettoso, troll/cattivo…)?
«Beh, Mangiaboschi è il cognome di mio padre e prima di mio nonno e prima ancora del mio bisnonno. È un cognome curioso, un bel cognome e, credo, i miei antenati fossero taglialegna, altrimenti, insomma, non avrebbe senso, il cognome dico. Nel mio “mondo” racconto quel che mi capita attorno, tutto, ogni cosa. A darmi spunto sono le situazioni bizzarre che mi circondano, le banalità della quotidianità. Mi sono reso conto, non senza un certo stupore, che la vita di tutti i giorni può essere incredibile e divertente. Questo avviene a Trigoria (la zona dove vivo) e nel quartiere dove sono cresciuto, che poi è la Magliana, a Roma. Ecco, Magliana ha così tanti personaggi che non basterebbero due vite per descriverla. Cioè, credo neanche Tolkien ci riuscirebbe. Le persone sono incredibili e tutte hanno una gran voglia di parlare, se ti fermi cinque minuti al bar sicuro che arriva Filomena a chiederti due spicci o l’amico di tuo padre pronto a parlare per tre ore. Un tossico può raccontarti storie incredibili, viaggi psichedelici che ricordano da vicino “Ai confini della realtà”; per questo adoro i quartieri popolari. Adoro Magliana pure, che è una vera e propria borgata e la sua piazza. È un paese. La Magliana è viva, è vera, non è patinata. È piena di gente sì. È bellissima, nonostante lo smog e le cartacce e l’immondizia e i casermoni. Purtroppo oggi, come tu dici, c’è superficialità. Nessuno si ferma a riflettere e quel che passa è il messaggio televisivo, la serie televisiva, dove i malvagi diventano eroi. Basta poco in fondo. La Magliana è ricordata dai più per le losche vicende della sua Banda e non per, che ne so, le lotte a favore della riduzione degli affitti negli anni settanta o le barricate o i baraccati o la solidarietà tra poveracci. Il rischio è che le storie vengano dimenticate, scompaiano e non rimanga più niente, tranne che la Banda della Magliana, o meglio, il suo surrogato cinematografico/televisivo. A mio avviso una conoscenza superficiale delle cose è sempre pericolosa, ti dà solo una piccola spruzzata di vernice e ti lascia con un bruttissimo vuoto addosso. I quartieri sono importanti e le loro storie non devono andar perdute. A Roma come a Torino o a Milano le borgate sono tante e si assomigliano un po’ tutte. A starci un pochino di tempo ti ci perdi e impari ad ammirarle. A me piace giare in bicicletta, pedalo molto (quando non lavoro) e vado alla ricerca dei quartieri che non stanno sulle cartine delle guide per i turisti. Lì c’è la metropoli reale, le persone, il popolo. C’è un meticciato di culture, un incontro, un universo intero racchiuso in qualche metro di cemento. Ecco, io faccio parte di quel popolo e quel popolo fa parte di me. Quando ci descrivo (a me e a chi mi circonda) non riesco a pensare ad immagini fatate, se chiamo ad esempio alcuni miei colleghi “troll” è perché effettivamente sono bassi e un tantinello antipatici, ma non dispettosi ad esempio. Immagino i troll più come lavoratori instancabili, esseri da miniera, sempre curvi e molto silenziosi. Un po’ come i miei colleghi insomma. C’è tanta originalità nella gente che si incontra; pensa al vagone pieno della metropolitana, alle fermata dell’autobus, in giro per strada o al supermercato. Pensa a chi vedi. Chi sono tutte queste persone? Cosa nasconde l’uomo che parla al cellulare? Com’era da giovane il vecchio zoppo? Cosa sogna il prete con un solo occhio la notte, al caldo, avvolto dalle coperte? Dove passa la giornata la gattara del centro storico? E l’operaio in pausa pranzo che sta mangiando la rosetta con la mortadella? Il mondo è già un luogo fatato.»
(Bassi e antipatici? Allora sono nani, non troll…Scusate, deformazione tolkeniana!)
1619620_1391365557810104_323906624916729248_n
Avere un padre ed una madre che narrano storie e racconti prendendo spunto dalle situazioni vissute, che riempiono la tua infanzia, credo sia un privilegio, visto l’odierno comportamento della maggior parte dei genitori. Come se fossero due libri con i quali interagire.
Cos’hai attinto da queste storie? Quanto di queste storie è rimasto nel tuo pensiero?
«Tutto. In famiglia tutti raccontiamo storie. Mia nonna viene da Colobraro, il paese delle streghe e a Magliana ogni persona la teme (ancora oggi, nel 2014). Lei è una strega proprio, anche se non lo dice, sa leggere la mano e fare il malocchio. La sera, da bimbetto, quando i miei mi lasciavano da lei, mi raccontava le storie del paese, prediligendo la notte buia & tempestosa, inarcava il sopracciglio sinistro, le rughe si infittivano e cominciava, con voce cavernosa. Mi diceva della magia e di quando è arrivata a Roma, assieme a mio nonno. Credo sia un vizio di famiglia la faccenda delle storie, le raccontiamo tutti a casa. Se a mia mamma chiedi come era Roma quarant’anni fa lei ti parla delle baracche e degli scontri con le guardie, stessa cosa mio padre. Mio papà faceva l’operaio e ha avuto sempre una gran fantasia. Da ragazzino pensavo fosse un mago e che la fabbrica dove stava una sorta di rifugio per stregoni e che il padrone il cattivo da sconfiggere (il padrone è sempre il cattivo da sconfiggere). Ecco, a me hanno insegnato la vita i miei attraverso una realtà favolosa. Mi hanno spiegato cos’è giusto e cosa è sbagliato con il gioco. Ci è sempre piaciuto giocare, creare personaggi e modificare l’esistente. La realtà, io credo, non hai mica bisogno di crearla. Lei è lì ed è già abbastanza impicciata. A me piace la realtà perché la realtà è un romanzo lunghissimo da cui attingere storie. Ecco, credo che la famiglia mia mi abbia insegnato questo.»

Spezzoni di vita che riportano fedelmente le esagerazioni e le esagitazioni della gente.
Nel tuo articolo “L’armata di Dio”sembra di tornare al Medioevo. Immaginavo, mentre leggevo. La gente del palazzo (esclusi i non residenti a Trigoria) con forconi e fiaccole alla ricerca e alla caccia del serpente figlio del demonio.
Non so perché immaginavo anche delle streghe al solo pronunciare il nome della frazione forse perché c’è assonanza con Triora (il paese delle streghe in provincia di Imperia).
Quali sono le tue reazioni davanti alle esagerazioni o semplicemente davanti a particolari reazioni della gente (rispetto a qualsiasi argomento)?
«Mi spaventano. Prendiamo le ronde. Fino a due tre anni fa tutti volevano metter su una ronda. C’era una ronda per qualsiasi cosa: una contro i barboni, una per salvare il decoro pubblico, una contro il degrado, un’altra per combattere l’immigrazione, un’altra ancora per difendere il parco dai bimbi che giocano a pallone. Le persone si fomentano e l’odio alimenta il fomento. In un periodo di crisi come questo odiare è facile. In genere si odia chi ha meno di te, è più semplice, neanche devi impegnarti troppo. Ti dicono chi odiare, te lo dice la televisione, il giornale, i politici. Più semplice organizzare una ronda contro un immigrato senza permesso di soggiorno che una rivolta nel posto di lavoro. In Italia, ma in Europa in generale, c’è una bassa coscienza sociale e i problemi si tendono a scaricare tutti sugli altri. Sono i migranti a rubare il lavoro e non chi te lo toglie, gli zingari a prenderti la casa popolare e non chi non te la dà. È meno impegnativo. Le reazioni delle persone sono dettate dalla superficialità e dall’ignoranza e una reazione superficiale spesso si trasforma in un’esagerazione. Il problema è che tutto questo porta ad essere diffidenti, viviamo in un paese di diffidenti, stanno tutti sul chi va là, come se da un momento all’altra dovesse succedere chissà cosa. Non c’è un sorriso, un saluto, una stretta di mano. Le persone sono arrabbiate, il che non è un male a prescindere, ma questa rabbia non viene giustamente canalizzata. Voglio dire, se uno ti sta lavando il vetro della macchina non puoi attivare il tergicristallo per tagliargli le dita. Questa è per me una reazione esagerata. Cosa faccio allora? Le descrivo, casomai usando piccoli escamotage che possono essere i serpenti in un condominio, la perdita di un tubo dell’acqua, le terme di una città straniera. Secondo me ci vorrebbe più solidarietà e ci vorrebbe anche che la rabbia fosse indirizzata verso un nemico ben preciso e il nemico, te lo dice uno che è precario e sottopagato da una vita, è chi sta sopra di te, non chi sta sotto.»
10439350_1473639382916054_3758076145596914007_n
Leggere Bakunin non dev’essere uno scherzo. In un periodo nel quale sui social imperversano classifiche con letture (non è un’idea malvagia davanti alla crisi libraria, ma dovrebbe essere veritiera) “gonfiate” ad arte (credo che in molti abbiano aperto la finestra di Google per cercare libri importanti da riportare poi in classifica), tu scrivi che Bakunin (filosofo rivoluzionario) è una delle tue letture preferite. Ti senti mai tagliato fuori da questo mondo per le tue idee e per le tue letture? O addirittura, solo per il fatto di leggere?
«No. Ho sempre adorato leggere di tutto. Bakunin per me è uno tra tanti. A me piace leggere ogni cosa e per me già che uno legge è importante. Mi spiego, se dai ad un ragazzino i Promessi Sposi o Leopardi a meno che non hai un professore bravissimo è molto probabile che il quindicenne non legga mai più. Gli autori hanno bisogno di essere conosciuti all’età giusta. C’è un’età per ogni autore. È sbagliato secondo me al liceo leggere tutti i classici. Devi saperlo fare. Le letture obbligate d’estate come compito, bisogna far decidere agli studenti e va bene se poi scelgono Twilight, Harry Potter o le saghe sugli zombie che vanno tanto di moda. L’importante è leggere, se poi ti piace prima o poi sicuro finisce che ti compri Delitto e Castigo. Se una ragazzina a tredici anni legge Moccia va bene, Moccia sta facendo un lavoro di persuasione. A venti casomai starà in fissa con Calvino o con Foscolo. Io ho iniziato a leggere da bimbo con Vampiretto (avevo tutta la serie), poi sono passato agli Oscar Junior Mondadori (quelli con le copertine di Angelo Stano) e infine ho scoperto Piccoli Brividi. Il mio è stato un percorso, cioè, se non ci fosse stato Vampiretto io Bakunin non lo avrei mai conosciuto. Non mi sento tagliato fuori neanche da questo mondo quindi. Credo anzi di farne parte (tra l’altro anche io ho partecipato ad una delle classifiche letterarie). È importante leggere, ti fa scoprire il mondo e viaggiare con la fantasia, quindi qualunque cosa tu legga va benissimo.»

Scorrere con gli occhi le parole dei tuoi racconti del martedì, è come perdersi in una quotidiana particolarità. Pezzi di vita, mai banali. Quando ti leggo mi sembra d’esser lì con te ed in alcuni casi (vedi il racconto La pagina bianca) è un po’ imbarazzante! Le immagini si creano nella mente ed iniziano a muoversi, ad interagire ed è come se ti vedessi. Hai mai pensato di raccogliere questi racconti in un libro?
«Ad essere onesto no, certo mi piacerebbe però mi piace anche l’idea di un appuntamento fisso, settimanale, gratuito che se hai voglia un’occhiata gliela dai, casomai in metropolitana dal cellulare o in pausa-pranzo o a scuola, quando la professoressa di latino non ti vede. Mi piace pensare che tutti possano leggere le mie cose in qualsiasi posto, in ogni attimo, basta che hai una connessione ad internet. Per la carta c’è tempo, per la carta ci sono i romanzi scritti e chiusi nel cassetto. Vedremo. Speriamo anche.»

Aspettando di leggere i suoi futuri romanzi, leggiamo o continuiamo a leggere i suoi racconti. Escono il martedì, ma chi non conosce ancora Elia, può leggere i racconti che ha già pubblicato.


Articolo scritto per iltempolastoria.it

http://www.iltempolastoria.it/rubriche/libri-in-viaggio/chi-e-elia-mangiaboschi/

Post in evidenza

Il profanatore di tesori perduti - Marcello Simoni

  https://gialloecucina.com/libri/il-profanatore-di-tesori-perduti/ Mentre leggevo il prologo quando ho incontrato la frase “due monti gemel...

Post più popolari